
E’
così forse che si risolvono quelli che la cercano, l’euforia. Con il naso, per
lo più. Come se l’euforia non meritasse un po’ di impegno e di energia,
accidenti. Come a voler stringere in pugno tutto e subito senza neanche
degnarsi di tenere il cuore in vita. E lì a un bel picco di euforia non può che
avvicendarsi un patetico crollo. Perché non ce la fai più, senza. Perché desideri
la vetta ma le gambe e il fiato ti ci portano solo con il carburante.
Il
godimento incontenibile è quando la raggiungi con le mani e la testa, invece. A
sorrisi, fatica, volontà. In qualche soddisfazione. In un grazie che arriva. In
qualcosa che ti piace. In una bella emozione.
Oh
già la sento l’apatia di chi brontola a caccia di quella pronta: solo parole,
quando non arrivano eventi clamorosi, sensazioni gradevoli, situazioni
appaganti non servono. Ma che cazzo di ‘filosofia’ della miseria umana!
La
sorte non la scegliamo e non la governiamo ma nessuno può raccontare la
storiella che sono quelli mal messi a trovare ristoro nell’euforia in polvere. Anzi.
La virtù trova casa facilmente in chi ha sensibilità e passioni, ecco tutto. E’
lì che c’è ingegno per fabbricare occasioni di euforia. E’ lì che dimora la
capacità di coglierle e apprezzarle.
Sta
ovunque, la motivazione per l’euforia. Basta vederla. Che poi ci possa capitare
intorno una vita difficile è pure incontestabile. Ma l’euforia, eccome se ti
aiuta a respirarla diversamente. A sfondare qualche porta. A ridere. A
conoscere la gioia.
E
una cosa posso assicurare: chi più ha provato il dolore e la tristezza più
riesce a riconoscere al volo, rispettare e amare l’euforia, quella vera.
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