lunedì 19 maggio 2014

50 giorni da orsacchiotto

Tutto quello che vorresti ti dicessero in certi momenti è esattamente quello che altri aspettano di sentirsi dire da te.
Così capita che spesso avremmo bisogno di un sorriso ma dimentichiamo di porgerlo agli altri.
Che tutto sommato è proprio vero che parole, azioni e omissioni generano effetti, positivi e negativi, a catena. E che le difficoltà di comunicazione e relazione stanno tutte nel punto di incontro tra dare e avere, tra egoismo e altruismo, tra aspettative e disponibilità.
Forse nessuno è così buono e forte da fa fare sempre il primo passo, offrire prima di ricevere, allargare le braccia invece di attendere un abbraccio. Diciamo però che dovremmo almeno acquisire la consapevolezza del significato, delle conseguenze, dei risultati del nostro carattere e del nostro atteggiamento.
E’ l’essenziale punto di partenza almeno per valutare quali e quante manifestazioni di ‘generosità’ possiamo attirare. Perché, diciamolo, quelli dal cuore d’oro tout court sono rari come quadrifogli o forse di più. E, comunque, tutti hanno necessità e desideri che meritano qualche attenzione. Questione di ‘umanità’, insomma. Non possiamo affidarci alla comprensione altrui se non ne proviamo mai noi, giusto per chiarire.
Fatichiamo, è vero, a trovare ascolto, complicità, sensibilità, tolleranza. E questo ‘giustifica’ la paralisi, l’isolamento, la sfiducia. In qualche modo cerchiamo di tenerci compagnia da soli, di non tirar fuori i nostri problemi per non vedere facce annoiate o percepire derisione o beccarci qualche pesante giudizio. Facciamo che irrigidirci nel modulo ‘sopravvivenza’ e, perfino con quelli che si dicono amici, finiamo per condividere più aperitivi che vita.
Di questo passo però il baratro, quello che ci illudiamo di esorcizzare, si avvicina.
Per carità, bisogna correre ai ripari. Con la semplicità della verità. Che sta sicuramente nella vicinanza che riusciamo a dimostrare agli altri ma anche nella frequentazione di chi sa fare altrettanto.
Non è un invito all’esercizio della cattiveria verso chi è avaro di slanci che, magari, pure lui è uno terrorizzato o che soffre. E’ se mai un tentativo per diffondere l’amabile virus della bonarietà. Chissà che un esempio che si moltiplica non possa diventare contagioso. E chissenefrega se passiamo per ingenui orsacchiotti!
‘Meglio un giorno da leone o cento da pecora?
Facciamo cinquanta da orsacchiotto’.

La citazione del grande Massimo Troisi si adatta a meraviglia anche qui sebbene dovremmo farne tesoro per molti altri sensi e sfumature. Già, è un’ispirazione alla quale credo e tengo molto.

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