Non
rompere le palle dovrebbe essere dovere assoluto. Il limite naturale e
invalicabile alla propria libertà, ovvero il rispetto degli altri.
Roba
da sballo, non rompere le palle e non avere intorno chi le rompe.
E
c’è un concetto enorme di responsabilità in questo diktat all’apparenza ironico
e provocatorio. Umiltà, buon gusto, sensibilità, discrezione. Perché ci sono
pace e saggezza solo là dove ciascuno impara a vivere senza annoiare,
complicare, irritare la vita altrui. Perché c’è illuminata profondità dove
garbo e intelligenza sanno frenare gli eccessi di arroganza, insofferenza,
boria.
Poi,
è chiaro, ciascuno paga in proprio il conto di ciò che scrive e condivide. E
pure lo scotto di quello e quelli che perde strada facendo in ragione di ciò
che scrive e condivide.
Più
che di controllori e giudici avremmo bisogno di una misura capillare, unanime e
salda insomma. Che così ognuno saprebbe governare le proprie idee, fare scelte,
elaborare pensieri, esprimere pareri senza frantumare la pazienza e la
tolleranza del mondo intero.
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