mercoledì 28 maggio 2014

Non criticate Fabio Volo

Lo snobismo intellettuale su Fabio Volo francamente è di una noia insostenibile. Basta, per carità.
Non sono una sua lettrice ma, prometto solennemente, rimedierò. E lo farò perché ho il dovere e il piacere di farlo.
I libri di Fabio Volo sono graditi a molti e le pagine di facebook sono piene di frasi estrapolate da questo o quel suo romanzo, ho dunque molti motivi per conoscerlo e capire.
Il bombardamento sulle sue scarse capacità letterarie, presunte o reali che siano, rasenta il ridicolo. L’accusa che si ripete con più insistenza concerne la ‘banalità’ delle sue storie e dei suoi pensieri. E forse questo è l’aspetto più tragicomico della vicenda. Chi gradisce la lettura di Dante Alighieri ha a disposizione la Divina Commedia. Chi vuole ritrovare la propria ‘banalità’ quotidiana magari vuole leggere Fabio Volo.
Comunque è un lancio di pomodori sospetto, oltre che inutile. Fabio Volo vende, Fabio Volo fa, Fabio Volo è citato. La realtà è questa. Può darsi significhi che gli aspiranti autori devono prendere esempio se vogliono approdare felicemente in libreria.
Sono i lettori a confermare il suo successo dunque c’è poco da fare le pulci alle sue trame e alle sue performances narrative. Che lo vorrei vedere lo scrittore di alta classe quanto è soddisfatto di non essere ‘divorato’ e amato da migliaia e migliaia di uomini e donne. Che lo vorrei vedere uno di quelli che agita l’ascia di guerra su Fabio Volo rifiutare una ghiotta occasione per non ‘abbassarsi’ a confezionare qualche ‘storiella’ alla Fabio Volo.
Signori e signore, andiamo. Non siamo conquistati solo dalla Letteratura. Qualche volta in un libro vogliamo sentirci un po’ a casa. Qualche volta tra le righe abbiamo bisogno di scoprirci sfigati in buona compagnia. Tanto per fare qualche esempio, tanto per azzardare una spiegazione, tanto per rimetterci in linea con la verità.
Consiglierei un po’ di relax. L’ascia usiamola per fare a pezzi invidia, boria, inadeguatezza. Potrebbe capitarci pure di ammettere che questo è il tempo di Fabio Volo. E che volerne rimanere fuori, scelta libera e condivisibile, è un ‘problema’ nostro. Possiamo scrivere alla Dante Alighieri insomma ma non pretendere di essere letti come Fabio Volo.

Non credo si intuisca…ma questo è un punto di partenza.

martedì 27 maggio 2014

Anti-depression day

L’Italia, paradossalmente, è un Paese che non aiuta il morale. Pizza e mandolini un fico secco. Ci vorrebbero altro che le picconate per levarci dalla testa tutti gli schemi avvilenti e condizionanti che, se non paralizzano, avviliscono.
Regola numero 1: se non hai un NOME rasenti la condizione di inesistenza. Vero o non vero, questo è il pensiero, il retropensiero, il timore circolante.
Regola numero 2: se non sgomiti, se non urli, se non prendi a braccetto quello giusto, un NOME non l’avrai mai. Indiscutibile o discutibile, questa è l’impressione, la convinzione, la sensazione diffusa.
Regola numero 3: quando hai un NOME anche le cazzate vanno bene. Anzi benone. Successo assicurato. E qui, mi spiace, c’è poco da dubitare.
Vorrei aggiungere almeno la regola numero 4, tanto per dare una svolta alla depression incombente: gli inesistenti sono la maggioranza, se fanno un party – di quelli vivaci e goderecci – viene giù il Paese con tutti i NOMI. Basta essere vivaci e goderecci, in barba a tutto e tutti.

Perché la chiave è sempre la stessa: darsi per vincenti. Che i perdenti sono pesanti, noiosi, spaventevoli. Tutti i NON NOMI sono dunque invitati all’Anti-depression day. Divertimento, o meglio sballo, garantito.

venerdì 23 maggio 2014

Libidine

Libidine, doppia libidine, libidine…coi fiocchi.
Erano gli anni ’70 e ’80, con i Gatti di Vicolo Miracoli e i tormentoni di Jerry Calà. Oggi, anche Jerry Calà ammette che ci sono poche cose da libidine anche se lui fortunatamente sprizza entusiasmo da tutti i pori.
In realtà il guaio è che abbiamo bruciato un sacco di tappe e accumulato troppe cose. Facciamo fatica a stupirci, a godere, ad accontentarci. Tutto a portata di mano qualche volta equivale a niente che conti davvero. C’è da sentirsi vecchi a tirar fuori la storia dei traguardi sospirati, delle esperienze sudate, degli ‘sfizi’ conquistati eppure l’insoddisfazione e l’apatia sono spesso figlie proprio della saturazione.
La vita è una manciata di occasioni, di emozioni. Se le guardiamo dall’alto in basso quasi schifandole ci rimarrà ben poco di cui gioire, questo è il punto. Quando puoi permetterti vacanze, ristoranti, concerti, lussi cerchi frenesie nuove, alzi troppo l’asticella dei sogni, ti gonfi di smanie. Quando un pic nic con gli amici a quattro passi da casa è una bella occasione fai il pieno di energia e di eccitazione. Non è l’esaltazione della povertà, sia ben chiaro. Il dannato problema è il consumismo dei piaceri, delle curiosità, dei bisogni. Libidine potrebbe essere una serata divertente, un bel libro, un piccolo dono, un incontro fortunato. Se il livello delle aspettative si impenna è invece molto più difficile provarla.
E’ più o meno così che si perde il senso dei momenti, che si trascurano tante sfumature, che si scivola nella frustrazione.

Prova! Capito? Leggendoli con l’inconfondibile stile di Calà possiamo, ridendo, pensarci su seriamente. Che non è una contraddizione. Anzi. Non è mai troppo tardi per un bagno di autoironia e, diciamolo, di leggerezza.

lunedì 19 maggio 2014

50 giorni da orsacchiotto

Tutto quello che vorresti ti dicessero in certi momenti è esattamente quello che altri aspettano di sentirsi dire da te.
Così capita che spesso avremmo bisogno di un sorriso ma dimentichiamo di porgerlo agli altri.
Che tutto sommato è proprio vero che parole, azioni e omissioni generano effetti, positivi e negativi, a catena. E che le difficoltà di comunicazione e relazione stanno tutte nel punto di incontro tra dare e avere, tra egoismo e altruismo, tra aspettative e disponibilità.
Forse nessuno è così buono e forte da fa fare sempre il primo passo, offrire prima di ricevere, allargare le braccia invece di attendere un abbraccio. Diciamo però che dovremmo almeno acquisire la consapevolezza del significato, delle conseguenze, dei risultati del nostro carattere e del nostro atteggiamento.
E’ l’essenziale punto di partenza almeno per valutare quali e quante manifestazioni di ‘generosità’ possiamo attirare. Perché, diciamolo, quelli dal cuore d’oro tout court sono rari come quadrifogli o forse di più. E, comunque, tutti hanno necessità e desideri che meritano qualche attenzione. Questione di ‘umanità’, insomma. Non possiamo affidarci alla comprensione altrui se non ne proviamo mai noi, giusto per chiarire.
Fatichiamo, è vero, a trovare ascolto, complicità, sensibilità, tolleranza. E questo ‘giustifica’ la paralisi, l’isolamento, la sfiducia. In qualche modo cerchiamo di tenerci compagnia da soli, di non tirar fuori i nostri problemi per non vedere facce annoiate o percepire derisione o beccarci qualche pesante giudizio. Facciamo che irrigidirci nel modulo ‘sopravvivenza’ e, perfino con quelli che si dicono amici, finiamo per condividere più aperitivi che vita.
Di questo passo però il baratro, quello che ci illudiamo di esorcizzare, si avvicina.
Per carità, bisogna correre ai ripari. Con la semplicità della verità. Che sta sicuramente nella vicinanza che riusciamo a dimostrare agli altri ma anche nella frequentazione di chi sa fare altrettanto.
Non è un invito all’esercizio della cattiveria verso chi è avaro di slanci che, magari, pure lui è uno terrorizzato o che soffre. E’ se mai un tentativo per diffondere l’amabile virus della bonarietà. Chissà che un esempio che si moltiplica non possa diventare contagioso. E chissenefrega se passiamo per ingenui orsacchiotti!
‘Meglio un giorno da leone o cento da pecora?
Facciamo cinquanta da orsacchiotto’.

La citazione del grande Massimo Troisi si adatta a meraviglia anche qui sebbene dovremmo farne tesoro per molti altri sensi e sfumature. Già, è un’ispirazione alla quale credo e tengo molto.

venerdì 16 maggio 2014

Sarà capitato anche a te

Sarà capitato anche a te, di sentirti perseguitato. O inadeguato. O amareggiato. O solo.
E, certi maledetti giorni, di sentirti proprio in un vicolo cieco e pure brutto. Come se tutte le avversità cospirassero contro di te.
Avevano voglia di dirti che dovevi sperare, reagire, trovare il buono che era solo nascosto. A te crollava il mondo in testa e basta. D’altra parte capita anche che i maledetti giorni si moltiplichino, abbiano più ore di quelli sereni, ti si appiccichino addosso come mosche quando il cielo minaccia pioggia. Neanche tu le calamitassi, le pieghe storte, le pene, le noie, i calci in faccia.
E poi comunque ci sono mali che davvero non se ne vanno. Ci sono condizioni inevitabili. Ci sono destini ben più pesanti della soglia che immagineremmo sostenibile. Allora davvero pensi che puoi solo ‘sopravvivere’. Tirare avanti senza quasi più sentire i colpi tanto ci hai fatto l’abitudine. Rassegnarti.
In effetti un po’ di rassegnazione non è da sfigati. E’ il primo passo per fare pace con la rabbia, ad esempio. Se è vero che non è cosa saggia e bella mettere a tacere sogni e speranze è anche vero che dobbiamo difendere i desideri, più delle smanie.
Leggiamola come accettazione. Che la sorte non la possiamo ribaltare. Il dramma, se mai, sta in quel tirare avanti senza più sentire i colpi. Perché ci trasciniamo a testa bassa e morale sotto i piedi e possiamo perdere, anzi sicuramente perdiamo, le cose piacevoli. Oltre alle mazzate scritte per noi nel grande disegno della vita si aggiungono i mancati godimenti di cui ci rendiamo colpevoli.
Io zoppico, sia chiaro a tutti. Non spaccio formule magiche per la serenità e non mi proclamo rinata o risolta grazie a chissà quale straordinario percorso. Macché. ‘Sopravvivendo’ ho solo avuto la fortuna di incontrare atmosfere e momenti che mi hanno fatto sorridere, tirare un sospiro di sollievo o rabbrividire di piacere. E mi va di tenermi pronta a fermarmi e respirarne ancora, se mi capitano.

Tutto sommato, a noi può andare male ma non si può dire per questo che la vita sia brutta.

martedì 13 maggio 2014

Stupefacenti per sfigati

A me la storia che fortuna e sfortuna siano equamente distribuite non ha mai persuaso. Non che sia affetta dalla sindrome di Calimero ma osservando vita e esseri umani ho sempre visto i Gastone e i Paperino e non mi è parso che le due condizioni fossero, per così dire, intercambiabili o a fasi alterne.
Eppure il pensiero positivo mi suggeriva un atteggiamento più speranzoso o, almeno, scanzonato. Chissà che a forza di dipingere le parete di bianco il nero sbiadisca, insomma…In effetti, armata di scala, latta e pennello, mi sono imbattuta in sensazioni ed emozioni belle, favorevoli e di buon auspicio. Fondamentalmente si tratta di generi di conforto, beni più o meno durevoli, ad alto indice di gradevolezza, di generosa potenza consolatoria. Talvolta decisamente ‘motivanti’.

Sono incontri umani e culturali, spazi di beatitudine, flebo di adrenalina. Roba da sballo. Che si presenta in mille forme e può essere consumata in abbondanza. In amore, amicizia, arte, cultura. Più che le ali ai piedi mette sale e zucchero ad allietare il palato. Perché a noi sfigati non è proprio precluso il godimento per la bontà, il piacere, il sapere. Anzi. Abbiamo un sensore in più per intercettare quello che ci fa stare bene, basta tenerlo acceso e allenarlo alla presa rapida. Già, per la roba da sballo ci vogliono riflessi pronti. 

lunedì 12 maggio 2014

Si sniffa

Roba da sballo si ‘respira’. Perché fare il pieno di buona energia oltre che necessario è di felice auspicio per tutti. Dovrebbe giovare, insomma. Almeno a scongiurare l’avvilimento da pessimismo cosmico. E, nei casi migliori, a incanalare proficuamente le risorse, proprie e del mondo.
Vincere è un’eventualità. Partecipare è il significato della vita. Forse.
Che in fondo non è neanche troppo chiaro cosa voglia dire ‘vincere’. Possiamo, o dobbiamo, esserci. Questo è il punto d’incontro per tutti: per quelli che credono di essere artefici del destino e per quelli che invece sono convinti di averne uno nel quale camminare giorno dopo giorno.
Anche a non scomodare tragedie o momenti di grande difficoltà, siamo tutti nel campo minato dei problemi, delle ansie, dei dubbi, dei malumori. Ma in qualche modo dobbiamo metterci in salvo. E visto che ‘sopravvivere’ non è la più entusiasmante delle condizioni possiamo cercare di ‘vivere nonostante tutto ciò che è negativo’. Non è la stessa cosa, credetemi. Questa è un’opzione più faticosa ma molto più appagante. Assumere roba da sballo. E' una provocazione, d'accordo. Ma umanità e cultura possono davvero procurare felice entusiasmo, euforia, benessere!