Che
qualche volta è roba da sballo. Non tanto il vaffanbip, fuori eleganza e
ordinanza, quanto il liberatorio distacco da qualcosa o qualcuno. Non mi
riferisco alle rotture da litigio ma al sano vaffanbip a una catena mentale, a
un luogo, a una routine, a un’ossessione. Alla maturazione di uno stato di
serena indipendenza da qualche vecchio e odioso lacciuolo, uno di quei
terribili e ingombranti limiti al cammino noti come palle al piede. L’abbandono
di chi soffoca le nostre espressioni, la felice e matura emancipazione da un
circolo vizioso di cose e persone.
Vaffanbip.
Di
quelli da sospiro di sollievo e gioia ad alta velocità. Praticamente una
medicina con effetti portentosi. Che se incroci uno specchio ti fa vedere con
gli occhi che brillano, distesi e compiaciuti. Neanche fossi in vacanza da un
millennio!
Vaffanbip
alla noia e alla paura. Evviva. Fuori da, oltre i, proiettato verso. Che è un
po’ come scaricare il fardello dalle spalle e lanciarlo a tutta forza in fondo
al mare. Via, per sempre. Con tutta la leggerezza che ne deriva, nel corpo e
nell’anima. Droga buona il vaffanbip al momento giusto, quando la misura è
colma e il coraggio arriva alla bocca.
Vaffanbip.
E il passo si fa trotterellante.